SESSUALITA’ E DISABILITA’. IL FENOMENO DEI DEVOTEE

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LA SESSUALITA’ DEL DISABILE NEL COMUNE SENTIRE

La sessualità del diversamente abile è ancora considerata un argomento scomodo. Se ne parla poco e male. La maggior parte delle persone neanche si pone la domanda di come il disabile esplichi la sua sessualità, quasi come se quest’ultimo fosse privo di istinti, bisogni ed esigenze.

L’argomento è ancora, nel comune sentire, considerato un tabù.

Non è così.

Il disabile vive la sessualità come ognuno di noi.

Queste persone combattono tutti i giorni con i loro cambiamenti fisici, con le loro pulsioni, con i loro sentimenti, ma questo diritto di vivere la propria intimità con tutte le sue sfaccettature non viene riconosciuto, ponendo il diversamente abile in condizione di accettare  situazioni negative che li coinvolgono dal punto di vista sessuale.

La disabilità è una problematica che segna l’esistenza di milioni di persone e delle loro famiglie.

Si contrappongono due diversi aspetti, da una parte, il senso di disagio e di esclusione che può avvertire il disabile e la sua famiglia, dall’altro l’immensa soddisfazione di chi sa apprezzare  il tesoro di significati e di piccole-grandi conquiste che ogni giorno e il disabile e le persone che lo accompagnano, raggiungono.

Durante il mio percorso lavorativo e da volontaria presso svariate associazioni che si occupano di “disabilità”, mi sono resa conto di quante coppie fossero formate da un disabile e un normodotato, o di quante ragazze/i con handicap fisico lamentavano di essere soli senza un compagno, o di essere stati lasciati a causa dell’handicap fisico o mentale da cui sono affetti.

Ed allora, più volte, mi sono chiesta quale fosse effettivamente il senso di deprivazione provato.

Tra colloqui e confidenze ognuno raccontava la sua storia, la difficoltà di vivere in solitudine, vivere l’assistenzialismo da parte delle famiglie che spesso non si rendono conto di soffocare la persona cara e che prima di essere disabile è una “persona”.

L’invalidità psico-fisica da cui è affetto il disabile comporta ancora una reazione sociale immatura e non preparata che costituisce il principale motivo di isolamento e di discriminazione.

Tale tematica infatti, per lungo tempo, è stata affrontata sotto una prospettiva meramente assistenzialistica con inesorabili precipitati congetturali riguardanti la dimensione sessuale del disabile, considerata come fattore da stigmatizzare ed impedire fortemente.

Tuttavia, come ormai comunemente evidenziato: “La sessualità rappresenta una componente essenziale in termini emozionali, etici, fisici, psicologici, sociali e spirituali della propria identità umana” a cui deve riconoscersi valore inesorabile di accrescimento dell’autostima, di percezione di un sé e “una innegabile capacità rappresentativa nella società in termini di forza e ruolo sociale”.

Una piena e consapevole identità sessuale consente il migliore esercizio della libertà di autodeterminazione sessuale e, dunque, di assumere il governo delle proprie scelte, di costruire il proprio futuro.

Allo sviluppo sessuale si associa uno sviluppo sociale, attraverso l’esperienza di una gamma di emozioni e sentimenti ed è importante come tale processo permetta una nuova fase di socializzazione di tutte le persone.

Nel corso degli anni è evidente come tale processo sia apparso alquanto problematico nelle persone diversamente abili, infatti, spesso è stata negata la possibilità di sviluppo e di espressione della propria sessualità, da sempre percepita come un vero e proprio tabù.

Si è preferito reprimere, negare tale pulsione soprattutto nella donna, mentre per gli uomini alcune famiglie hanno fatto ricorso alla prostituzione, per non parlare della repressione di tali pulsioni “ritenute pericolose” in soggetti con disabilità intellettiva che vengono agiti dalle loro famiglie, trattando la persona come l’eterno bambino che passa dall’infanzia alla vecchiaia senza aver mai conosciuto la vita relazionale e sociale.

Il disabile viene considerato come asessuato, non autorizzato a desiderare l’amore con una persona dell’altro sesso.

LE RELAZIONI FAMILIARI

Stabilire relazioni intime è uno dei principali compiti dell’età adulta, come il bisogno di affiliazione, cooperazione, di compagnia, di amore; il bisogno principale è quello affettivo e sessuale.

La sessualità comporta dei cambiamenti anche fisici “il corpo che cambia”, se per una persona considerata normodotata, la sessualità vuol dire coppia e quindi stabilità, per una persona disabile non sarà cosi, poiché vi è una realtà pregiudizievole, di non potersi creare un rapporto duraturo nel tempo e soprattutto creare il proprio nucleo familiare lasciando la famiglia di origine.

Se vi è ipocrisia nell’affrontare tale tematica soprattutto all’interno della propria famiglia, la persona non potrà raggiungere un buon grado di autonomia, portandola così a vivere in modo dipendente e priva di sentimento e affettività mature.

Una persona che è costretto a passare la sua esistenza su di una sedia a rotelle, come ogni altro essere vivente, ha il desiderio di amare e di essere amata, ma non di una amore fatto di pietà, un amore vero.

I loro sentimenti, sono limpidi e sinceri, perché filtrati dall’esperienza della sofferenza; hanno bisogno di vivere i loro sentimenti, affetto, bisogno di dialogo intimo.

Esigenze che non necessariamente devono concludersi con l’atto dell’accoppiamento.

La sessualità è relazione, è contatto, è desiderio, è piacere e sofferenza.

Tutto ciò viene vissuto nel corpo e nella mente.

I genitori, vivono le manifestazioni erotiche, con preoccupazione, anormalità.

Ciò li porta a colpevolizzarsi, dove, invece,  è importante che le famiglie sostengano i loro figli nelle relazioni affettive.

Li devono spingere all’aggregazione, guidarli nel corteggiamento, supportare le relazioni di coppia e aiutarli nel vivere al massimo le emozioni.

L’ambiente familiare prima o poi tende a modificarsi (matrimoni, lutti..), cosi da impoverire il contesto relazionale del disabile ed è per questo che è importantissimo tessere delle relazioni all’esterno del nucleo di origine.

Anche se questa problematica non viene affrontata non vuol dire che non esiste o che certe cose non accadono, ma accadono nei silenzi delle famiglie con figli disabili, al riparo dalle ipocrisie della gente, convinte che i disabili non sentono gli impulsi sessuali e che non abbiano voglie e fantasie.

E’ importante che vi sia una rete di supporto che parta dalle famiglie e coinvolga tutta la rete territoriale affinchè si supporti la persona, ad affermare la propria identità non come disabile ma come “persona”con tutte le sue competenze e caratteristiche.

Quando purtroppo il supporto e il dialogo è scarso, si evitano argomenti fondamentali come l’autonomia, il sesso, la libertà di scelta delle proprie azioni, non sono pochi i casi in cui si cade nella trappola del “Falso Amore”.

IL FENOMENO DEI DEVOTEE

Ed è proprio a questo punto quando ormai una persona debole si sente abbandonata al proprio destino, agita dagli altri nelle proprie scelte, ha solo due possibilità: lasciare che gli altri decidano per lei o dimostrare di essere uomo /donna capace di fare le proprie scelte, ed è proprio questo il momento in cui si cade nella rete dei Devotee .

Lo psicologo e sessuologo J. Many negli anni 80 esplorava scientificamente il fenomeno del “Devotismo” inteso come interesse o eccitamento sessuale verso coloro che presentano deformazioni, amputazioni agli arti o necessitano di ausili come carrozzine, deambulatori, gessi ecc. per la mobilità.

L’interesse dei devotee è indirizzato solo verso la parte amputata o verso l’handicap e raramente verso la persona e le sue qualità umane”, infatti l’eccitazione è legata solo al desiderio di possedere, toccare, giocare, con l’oggetto/ausilio.

Alcuni devotee si eccitano vedendo la persona con disabilità camminare in modo goffo, o assistendola come fosse una bambola, per il solo piacere di sentirsi parte di essa.

DEVOTISMO E PARAFILIE

Il fenomeno del devotismo rientra tra le parafilie “ fantasie, pulsioni erotiche che implicano l’ attaccamento morboso ad animali o oggetti socialmente riprovevoli al fine di soddisfare il proprio istinto sessuale”.

Secondo il DSM-IV sono riconosciute otto maggiori forme di parafilia:
– Esibizionismo: bisogno o comportamento di esposizione dei propri genitali a una persona non consapevole;
– Feticismo di travestimento: eccitazione e/o piacere sessuale nell’indossare abiti del sesso opposto;
– Feticismo: l’uso esclusivo di oggetti non direttamente attinenti alla sessualità (es. scarpe, indumenti) al fine di innescare o aumentare l’eccitamento sessuale;
– Frotteurismo: il bisogno o il comportamento che porta a toccare o palpeggiare il corpo di una persona non consenziente;
– Masochismo: Provare piacere o eccitamento nell’essere umiliati o provare dolore;
– Sadismo: bisogno o comportamento sessualmente eccitante ricercato nel voler essere umiliati, provare dolore o soffrire in altri modi;
– Pedofilia: l’attrazione sessuale per individui in età infantile e prossimi a quella prepuberale;
– Voyeurismo o scopofilia: Bisogno che porta a spiare le persone ignare mentre sono nude o impegnate in rapporti sessuali.
– Disturbi parafiliaci non altrimenti specificati; in tale categoria rientra il fenomeno del Devotismo.

COME AGISCONO I DEVOTEE

I devotee di solito non escono allo scoperto temendo la riprovazione sociale, spesso presentano difficoltà relazionali, problemi legati all’incapacità di essere se stessi nel contesto lavorativo e familiare, presentano problemi nei legami affettivi o nell’atto sessuale con il proprio partner, data la mancanza dell’oggetto che ne provoca una vera eccitazione sessuale.

La comunità dei devotee utilizza maggiormente forum o siti di incontri, in cui si scambiano materiale o contatti di persone con determinate caratteristiche fisiche tenendo presente le proprie preferenze sessuali.

Il fenomeno è molto diffuso ma poco conosciuto, le adesioni al devotismo sono molte ma la community agisce in modo subdolo sui web o partecipando ad associazioni di volontariato che si occupano di disabilità, sia per adescare facilmente la vittima, ma anche come modo per sublimare il proprio impulso sessuale con la vicinanza fisica all’oggetto del desiderio.

Arrivati a questo punto ci chiederemo con quale stato d’animo viene vissuto questo fenomeno da coloro che presentano tali difficoltà fisiche.

Partiamo del presupposto che le vittime presentano per lo più problematiche fisiche, spesso anche a seguito di operazioni, incidenti o malattie sopraggiunte in età adulta.

Molte di queste persone seguono un percorso di riadattamento alla nuova vita, percorsi di terapia occupazionale, supporto con consulenti alla pari, training di domotica, supporto psicologico e cosi via, al fine di diventare nuovamente padroni di se stessi e della propria vita.

La persona affetta da disabilità che ha ripreso completamente il controllo della propria vita, o una persona supportata dalla famiglia nello sviluppo della propria identità e crescita personale, vive il fenomeno del devotismo con repulsione riconoscendolo come sfruttamento della persona debole.

Tale giudizio però, non è condiviso da tutti coloro che si trovano nella stessa situazione di disabilità , alcuni vedono nel “devotismo” un’ opportunità per affermare se stessi e la propria fisicità, gridando al mondo “io ci sono, ho una identità, vivo la mia sessualità e qualcuno mi apprezza con i miei difetti”.

Ricordo Paola, nel corso della mia esperienza da volontaria eravamo diventate grandi amiche, ormai costretta in carrozzina a causa di una lesione midollare, mi presentò il suo nuovo “ragazzo”, le mostrai tutta la mia preoccupazione dato il suo attaccamento sopraggiunto inaspettatamente, e lei mi rispose “Avrò diritto di divertirmi anche io o deve essermi negato anche questo?”.

Questa frase riecheggia nella mia mente ogni volta che si parla di sessualità della persona disabile.

Non credo assolutamente che una persona ritenuta debole non sia consapevole del rischio in cui potrebbe incorrere se non presta attenzione, semplicemente alcuni accettano tale situazione per sentirsi “normali” senza dover reprimere i propri istinti, le proprie pulsioni, consapevoli di una relazione basata sull’assenza di amore.

Questo argomento ad oggi considerato ancora un tabù perché non rientra nei discorsi o nei fatti ritenuti “normali”.

Nelle pubblicità, nei cartelloni, siamo soliti vedere immagini standardizzate di coppie giovani, con fisici atletici e perfetti che si uniscono in rapporti sessuali, per cui pensare ad un disabile in una relazione sessuale è distante da questo immaginario, l’immagine di una persona costretta in carrozzina, che ha un rapporto sessuale magari con un altro disabile è lontana da quelli che sono gli stereotipi di perfezione e salute.

La persona sente e vuole vivere i suoi impulsi, il problema della sessualità, non si risolve se le famiglia spegne il televisore nel momento in cui vengono trasmesse immagini che potrebbero sollevare il problema.

La sessualità, deve essere vissuta anche da una persona diversamente abile!

E’ un diritto, non concederlo è disumano, e provoca umiliazione e sofferenze incredibili a chi viene negato.

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